In occasione della Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, abbiamo deciso di scrivere un articolo per informarvi e sensibilizzarvi al tema. Molto spesso ciò che è lontano dagli occhi e dal cuore diventa impossibile da credere, ma vi garantiamo che nel 2020 si tratta purtroppo di una pratica adottata ancora in molti paesi – dove è vista come una tradizione e non come una violazione dei diritti umani. Per noi professionisti sanitari inoltre, è un fenomeno importante da conoscere dato il numero sempre più alto di donne, provenienti da tali paesi, che accedono alle nostre cure.
Di Cosa si Tratta?
Ma che cosa si intende con mutilazione genitale femminile? Con tale termine si fa riferimento a tutte le procedure che implicano una parziale o totale rimozione dei genitali femminili esterni o altro danno agli organi genitali per ragioni non mediche. La severità del danno e, di conseguenza, le implicazioni sulla salute della donna dipendono dalla tipologia di mutilazione e dalla quantità di tessuto tagliato.
Ecco le 4 tipologie principali (abbiamo escluso le sotto-categorie per rendere meno didattica la lettura):
- Tipo I: Parziale o totale rimozione del glande della clitoride e/o del prepuzio (e se non sapete di cosa stiamo parlando, vi invito a leggere “Come è fatto: la vulva”);
- Tipo II: Parziale o totale rimozione del glande della clitoride e delle piccole labbra, comprendendo o meno anche la rimozione delle grandi labbra;
- Tipo III: Questa tipologia è conosciuta ai più con il nome di infibulazione. Prevede il restringimento dell’introito vaginale, ottenuto tagliando e riposizionando le piccole e/o grandi labbra, con o senza la rimozione della clitoride. Molto spesso i lembi cutanei delle piccole labbra sono strettamente cuciti insieme;
- Tipo IV: Quest’ultima tipologia include tutte le pratiche difficili da categorizzare ma che hanno come comuni denominatori il fatto di essere dannose per i genitali e non avere alcuno scopo terapeutico.
Rischi
Come potete leggere dal titoletto, qualsiasi delle suddette tipologie, prevede solo rischi e nessun beneficio. I rischi possono avere conseguenze a breve ma anche a lungo termine su tutti gli aspetti della salute della donna: salute fisica, mentale e anche sessuale.
A breve termine
Tra i rischi a breve termine credo sia facile e immediato includere il dolore, causato sia dalla recisione delle terminazioni nervose che dalla lesione di una parte del corpo femminile così intima. Molto spesso questi “interventi” vengono eseguiti in assenza totale di norme igieniche e di sicurezza e ciò può portare ad importanti emorragie, infezioni, shock e persino morte. Le infezioni sono causate soprattutto dall’utilizzo di strumenti “della tradizione” e, per questo motivo, mai sterilizzati e riutilizzati per più bambine/donne, favorendo quindi anche la trasmissione di malattie come l’AIDS. Inoltre, le ferite sono spesso mal chiuse e ciò porta ad un processo riparativo alterato che può causare nuovamente dolore, infezioni, anomalie nel tessuto cicatriziale ma anche semplicemente eccessivo gonfiore. Quest’ultimo fattore, insieme al dolore e ad un’anatomia alterata, può causare problemi nel tratto urinario fino all’estrema difficoltà nel permettere la fuoriuscita dell’urina. E se fino ad ora ci siamo concentrati sui rischi fisici, è di fondamentale importanza sottolineare il trauma psicologico legato all’atto in sé e alle condizioni in cui l’atto avviene: l’uso della forza e l’assenza totale di consenso, il tradimento da parte dei familiari che consentono e/o addirittura organizzano e celebrano la pratica.
Nel lungo termine
Tra i rischi a lungo termine primeggia ancora il dolore fisico, dovuto al danno tissutale, a brutte cicatrici e cheloidi, a terminazioni nervose esposte, e il dolore emotivo, che sfocia spesso in disturbi da stress post traumatico, ansia, depressione… Altri rischi sono ovviamente consequenziali a quelli a breve termine: le infezioni diventano croniche e possono espandersi a tutto l’apparato urogenitale, causando quindi dolore alla minzione, dolore pelvico cronico, ulcere ed ascessi, pielonefriti, insufficienza renale fino a sepsi e morte. L’ostruzione dell’introito vaginale e l’alterazione dell’imene causano poi problematiche mestruali e dismenorrea (dolore) dovuti alla raccolta di sangue mestruale che fatica a fuoriuscire, soprattutto nelle donne che hanno subito infibulazione. Le mutilazioni causano anche danni alla salute sessuale, impedendo non solo il raggiungimento del piacere (anorgasmia) ma, a causa del danno e dall’alterazione dell’anatomia, generando vero e proprio dolore, difficoltà alla penetrazione, assenza di desiderio sessuale e lubrificazione, aumentata possibilità di contrarre malattie a trasmissione sessuale.
Tutto questo ha conseguenze anche sul piano ostetrico-neonatale: le donne che subiscono una mutilazione sono più a rischio di travagli prolungati, taglio cesareo, necessità di episiotomia e/o lacerazioni severe, parti operativi, emorragia del post parto; i loro bambini invece, a causa delle precarie condizioni di salute durante tutta la vita materna, rischiano morte in utero o al parto e/o necessità di rianimazione e cure intensive (che spesso non possono essere garantite).
Dimensione del Problema
Ora che abbiamo analizzato il fenomeno, cerchiamo di capire nel concreto quante donne soffrono di questa violazione dei diritti umani e in quali parti del mondo.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le bambine, ragazze e donne che hanno subito una tale violenza si aggirano tra i 100-140 milioni. L’Africa purtroppo rimane il continente di maggior diffusione delle mutilazioni genitali femminili: in alcuni stati come Eritrea, Somalia, Gibuti, ma anche Egitto e Guinea il fenomeno tocca circa il 90% della popolazione femminile; in altri paesi come Zambia, Ugana, Ghanda le mutilazioni riguardano una minoranza. Non vi sono indagini statistiche attendibili, ma si pensa che anche in altri stati come India, Indonesia, Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti, Israele, Colombia, Perù etc, alcuni gruppi etnici minoritari effettuino ancora questa pratica. Infine, dati i flussi migratori, alcuni casi sono stati segnalati anche in paesi occidentali.
Le mutilazioni vengono praticate principalmente su bambine dai 4 ei 14 anni di età, ma in alcuni paesi non sono escluse bambine con meno di un anno di vita o donne adulte. Nota è la pratica della reinfibulazione, ovvero la richiusura dell’introito vaginale e/o il ripetersi della mutilazione; da non confondersi con la deinfibulazione ovvero l’apertura della cicatrice per permettere i rapporti sessuali finalizzati al concepimento e il parto.
Perchè?
Concludiamo questo lungo e intenso articolo (ma l’argomento si merita tale trattamento) con le motivazioni che spingono un popolo a effettuare una brutale pratica:
- intenzione di manipolare a violare la sessualità femminile
- creare un rito di iniziazione e di integrazione sociale
- alcune culture reputano i genitali femminili osceni motivo per il quale vanno recisi e nascosti
- altre pensano erroneamente che una mutilazione favorisca la fertilità della donna
- altre credono che i testi sacri prevedano questa pratica
È ovvio, ma ci teniamo comunque a sottolinearlo, che non supportiamo in alcun modo le suddette motivazioni e ci mostriamo totalmente a sfavore delle mutilazioni genitali femminili, condannandole come una pratica atroce che viola i diritti più fondamentali e sacri di una donna. E speriamo che dopo aver letto questo articolo, il sentimento sia condiviso.
A presto, Maia
Credits:
- Unicef, Mutilazioni Genitali Femminili
- Ministero della Salute
- Unicef, MGF: ancora l’Africa patria del fenomeno
- WHO, Female Genital Mutilation
*pics courtesy of the internet